Come abbiamo in parte già visto, la lirica ha come punto di riferimento la Francia. In parallelo alle manifestazioni poetiche di carattere religioso e profano, in Italia nel corso del 1200 abbiamo un’altra importantissima esperienza poetica in volgare che ha specifiche caratteristiche.

Anzitutto una lirica svincolata da qualsiasi intento didattico e religioso, ma al contrario, rivolta a rappresentare una realtà privata, che riguarda soltanto l’autore stesso. Inoltre questa lirica si rivolge espressamente a un pubblico colto, di elite e ricerca un livello espressivo molto elevato, con una elaborata raffinatezza formale. Questa lirica si ispira direttamente alla grande lirica provenzale francese in langue d’oc, tanto più che furono alcuni trovadori francesi (trovadore è colui che fa canti, dal latino tropare, mettere un canto in forma di poesia; tropus significa figura retorica) che, spostandosi di corte in corte, approdarono nelle corti del Nord Italia; infatti non è un caso che queste forme di lirica trovino diffusione nel Nord.

La scuola siciliana

Da questo influsso della poesia provenzale, non poteva restare escluso quello che è il centro di cultura più aperto e vivo, che c’è in Italia nei primi decenni del XIII sec., cioè la corte siciliana di Federico II. Qui infatti, tra il 1230 e il 1250 fioriscono alcuni imitatori della poesia trovadorica, con un tratto originale: questi “trovatori italiani” non usano la langue d’oc, ma il volgare locale in una forma nobilitata, depurata da forme gergali, popolari. Questa scelta linguistica è fondamentale perché grazie a questa i poeti siciliani creano la prima forma di poesia ad arte in volgare italiano.

C’è un abisso letterario tra S. Francesco e la scuola siciliana, perché S. Francesco è aperto a un pubblico vasto, con dei parametri religiosi, non puramente letterari; al contrario la scuola siciliana è un prodotto d’arte, in cui chi l’ha fatto era cosciente che fosse qualcosa di bello, artistico, raffinato, ben curato. La poesia siciliana riprende abbastanza fedelmente i temi e i processi stilistici del modello provenzale, eliminando l’accompagnamento musicale e introducendo nuove forme metriche, tra cui il sonetto. Una differenza fondamentale tra la poesia trovadorica e quella siciliana consiste nel fatto che, mentre la poesia trovadorica provenzale, oltre a sottolineare l’amor cortese, trattava anche temi morali, civili e politici, la poesia siciliana si concentra esclusivamente sul tema amoroso. Questo è dovuto in parte al contesto storico-culturale; infatti la poesia siciliana nasce all’interno di una corte, cioè all’interno di un potere monarchico assoluto, all’interno del quale non c’è alcun dibattito politico, mentre nel Nord Italia, la presenza dei comuni permetteva questo confronto politico.

I temi dell’amore sono i temi tipici dell’amor cortese (l’omaggio feudale alla dama; la dama come essere dotato di ogni virtù, di fronte alla quale l’amante si dimostra come umile servitore).Ricorrenti sono le lodi di eccellenza alla dama (bellezza fisica e interiore, morale), il tema della speranza di un amore corrisposto (“Premio alla servitù”), il tema della rassegnazione all’orgoglio della dama e il tema del pudore, cioè il ritegno nel rivelare la propria passione.Tutti questi temi vengono “stilizzati” nella poesia siciliana, nel senso che essi non sono collegati a specifiche esperienze concrete ma diventano motivi astratti, privi di un preciso riferimento di tempo e di luogo. Sono come immersi in un’atmosfera neutra, pertanto non dobbiamo cercare in questo tipo di poesia l’immediatezza del sentimento o la spontaneità della passione, cioè non è una poesia d’amore di tipo più moderno, personale (come il Romanticismo), ma ci sono temi dell’amor cortese trattati in modo stilizzato. Il difetto è la ripetitività della poesia (ripresa dei temi canonici).

Nella scuola siciliana inoltre si affrontano anche problemi specifici di carattere formale, linguistico; in particolare si elaborano alcuni tipi di componimento, come per esempio il sonetto, elaborazione della scuola siciliana, per quanto essa riprenda il modello francese. Oltre al sonetto ci sono altri due componimenti metrici: la canzone e la canzonetta. Derivano ambedue da componimenti francesi:La canzone è composta da versi endecasillabi alternati a versi settenari, secondo uno schema abbastanza uniforme; La canzonetta, rispetto alla canzone, ha una struttura più narrativa e quindi ha un tono meno elevato rispetto alla canzone, così come i temi sono più leggeri. Il verso della canzonetta era spesso diverso: alternanza di ottonari e novenari (il ritmo pertanto è più dialogico, colloquiale e spontaneo). Una famosa canzonetta è Meravigliosamente di Iacopo da Lentini; Il sonetto, più in particolare, è un componimento fisso di 14 versi, tutti endecasillabi, che durerà per tantissimo tempo. Per quanto riguarda il contenuto, tratta temi vari (filosofici, morali, amorosi e giocosi); non è breve. Sul piano linguistico, la scuola siciliana ricorre spesso ad una sorta di impasto linguistico, fatto di volgare locale più o meno colto, mescolato a latinismi e a francesismi, in particolare si tratta di francesismi del trobar clus (poetare chiuso, difficile, ricercatissimo: molti siciliani si rifacevano a questo) e del trobar leu (di carattere più moderno). Nel dolce stil nuovo, Dante criticherà questo riferimento francese da parte della scuola siciliana.

I poeti toscani

Il modello della poesia siciliana acquisisce grande prestigio e si diffonde in altre parti della penisola soprattutto in Toscana. D’altra parte, dopo il crollo della monarchia sveva, la corte siciliana si dissolve e insieme a questa la scuola. I poeti toscani raccolgono questa eredità e, specie all’inizio, riprendono nel loro volgare i temi amorosi e gli stili retorici (regole metriche, figure retoriche), ma introducono delle importantissime novità, in primis a livello tematico, nel senso che in Toscana c’è la realtà comune e pertanto tornano ad essere trattati temi di carattere civile, da cui emerge la passione politica e che riflettono la vita della città, con i conflitti tra le fazioni e le classi sociali, anche perché il poeta non è più un uomo di corte ma un cittadino inserito pienamente nella vita politica della città, che riversa nella sua poesia. Una specie di caposcuola tra i poeti toscani è Guittone d’Arezzo (1235-1294). Scrive un canzoniere (contenente 250 sonetti, 50 canzonette), buona parte del quale è legato all’amor cortese, però vengono anche affrontate più tematiche (da ricordare una canzone con la quale cercò di consolare i Guelfi fiorentini sconfitti nella battaglia di Montaperti). Per quanto riguarda lo stile si tratta di una lingua densa, composita e il modello rispecchia il trobar clus e Dante criticherà questo aspetto poetico. Una delle caratteristiche dello stilnovo è un ritorno a un linguaggio puro.Accanto a Guittone bisogna ricordare Bonagiunta degli Orbicciani, citato da Dante nel 24° canto del Purgatorio della Divina Commedia. Questo poeta aveva criticato il bolognese Guinizzelli perché quest’ultimo cominciava ad usare un linguaggio più vicino al trobar leu. Dante attribuirà a Bonagiunta l’espressione dolce stil novo.