Angelo Ambrogini, detto Poliziano (nome che deriva da un monte, Monte Pulciano, in provincia di Siena), nasce a Montepulciano nel 1454. Dopo la morte del padre si trasferisce a Firenze dove ha la possibilità di avere maestri importanti, tra cui Landino, Argiropulo e Marsilio Ficino. All’età di sedici anni conosce già latino e greco e sa tradurre: infatti come passatempo traduce l’Iliade. Poliziano entra nell’ambiente dei Medici, diventando membro della cancelleria e precettore di Piero, il figlio di Lorenzo. In breve tempo egli diventa il più grande umanista di Firenze. Comincia a scrivere in volgare le sue prime liriche. Tra il 1475 e il 1478 compone un’opera molto importante: si tratta de “Le stanze per la giostra”, un testo epico-mitologico (quando si parla di un testo epico-mitologico ci si riferisce al genere), cioè una sorta di poema epico. Inoltre questo testo ha un chiaro intento di carattere encomiastico (cioè per lodare qualcuno), in particolare, le stanza nascono per esaltare la vittoria ad una giostra (cioè un torneo di armi) di Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo.
L’opera rimane però incompiuta a causa della morte di Giuliano durante la congiura dei Pazzi nel 1478. Nel frattempo Poliziano intraprende la carriera ecclesiastica, diventando priore, per trovare un sostentamento economico. Si pensa che si allontanò per un certo periodo da Firenze stabilendosi a Mantova alla corte dei Gonzaga, dove si occupa anche di teatro; compose e mise in scena il primo dramma del teatro italiano: la “Fabula di Orfeo”. Però nel 1480 viene richiamato da Lorenzo che gli dà la cattedra di professore di greco e latino fino alla sua morte (1494), scrivendo opere e soprattutto dedicandosi alla filologia. Poliziano, essendo un filologo, è un letterato per il quale la parola ha un’importanza enorme. Egli è un autore versatile (che sa utilizzare vari registri linguistici, con un lessico molto variegato) e criticava chi si fissava solo su un autore di riferimento. Questa sua capacità linguistica emerge nelle sue liriche in volgare. I temi sono di stampo classico, con un forte sentimento per la natura: si parla infatti di “paganesimo” (gusto per la natura di stampo pagano), cioè con una visione della natura e dell’uomo più di carattere fisiologico, naturalistico: infatti, in certe scene, c’è una certa sensualità. Un altro tema molto ricorrente legato al paesaggio è la caducità della bellezza che è fugace. Viene ripreso anche il tema del tempus edax (tempo divoratore).